venerdì 7 giugno 2013

"L'uomo ibernato"

L'uomo ibernato era il tema dell'edizione di Minuti Contati di Maggio 2013.
Ecco il racconto con cui mi sono guadagnato il podio (terzo posto). Come sempre, vi ricordo che i racconti per questa divertente gara sono scritti nel giro di un paio d'ore dalla pubblicazione del tema e quindi sono praticamente privi di revisione.

Cuore d'acciaio

— Inizia, Simone!
Simone lasciò i compiti e, all’urlo di: — Jeeg, robot d’acciaio! —, atterrò accanto alla sorella.
— Heidi, oggi, è stata bellissima — lo informò Rosa.
— Zitta. Inizia.
Corri ragazzo laggiù…

— Papà, è stato incredibile! Il ragazzo congelato non era cattivo. Jeeg non voleva combatterlo. Ma la Regina Himica gli aveva fatto qualcosa alla testa e lui vedeva Jeeg come se era un mostro preistorico.
— Mangia Simone. Si fredda.
— Papà, anche Heidi è stata bellissima — puntualizzò Rosa.
— Papà, ma davvero una persona può dormire nel ghiaccio, tanto da svegliarsi nel futuro?
Il padre si schiarì la voce e con la testa inclinata annuì, serio: — Però non so quanto sarebbe bello. Pensa a un uomo primitivo che si svegliasse adesso. Vedendo le automobili e i TV color, impazzirebbe in quattro e quattr’otto.
—Ti ci metti pure tu a dargli corda? Mangiate, che il brodo si fredda.

La casa era silenziosa. Gli altri dormivano, ma lui, non poteva. Doveva vedere il futuro.
Prese le chiavi della cantina e una coperta. Forse avrebbe fatto meglio a tornare indietro. Invece si fece coraggio, scese in cantina, richiuse la porta, svuotò il congelatore, vi adagiò la coperta, vi entrò e chiuse il coperchio.

La luce irruppe improvvisa. Un essere, per metà di carne e per metà d’acciaio, lo guardava. L’essere gli porse una mano metallica e lo aiutò a uscire.
Il dolore e il freddo erano stati lancinanti, prima di riuscire ad addormentarsi, ma ne era valsa la pena: una città scintillante si estendeva a perdita d’occhio. Veicoli volteggiavano come uccelli lucenti.
— Benvenuto nel futuro — disse l’essere. — Mi chiamo Shiakaru. Questa è la mia base volante. Tu devi essere stato mandato dagli dei, per salvarci da Galuà.
Lo stupore e la gioia riscaldarono ogni angolo del corpo di Simone.
— Mi chiamo Simone.
—Da oggi, Sim, guiderai il Grande Ambu — disse Shiakaru.
Simone si voltò. Alle sue spalle troneggiava la testa di un immenso robot, dallo sguardo severo.
— Tocca a te, Sim. Galuà sta attaccando.
Sim salì a bordo di Ambu e partì in volo.
Era incredibile. Si sentiva tutt’uno con il robot. Eppure qualcosa non gli tornava.
Galuà era lì che lo aspettava, accanto a un palazzo in fiamme. Atterrò accanto a lui, mentre le sirene dei mezzi di soccorso gli perforavano le orecchie. Lo attaccò con tutte le armi disponibili: missili rotanti, calci spaziali, raggi diabolici.
Galuà si limitava a schivare, mentre l’uomo alla sua guida continuava a fargli dei segni.
Sim capì.
Galuà era il buono. Shikaru lo aveva ingannato.
Si voltò per attaccare la base volante, quando sentì una scossa. Shikaru doveva averlo colpito con il Grande Fulmine.

— Uno, due, tre. Libera.
Il dottor Galuardi prese il polso del bambino. I battiti parevano ricominciati.
— Dottore — pianse la madre, — la prego, lo salvi.
— Signora, il battito è tornato. Questo bambino ha davvero un cuore d’acciaio.
Dobbiamo solo sperare il cervello non abbia subito danni, pensò il medico, mentre la sirena dell’ambulanza continuava a urlare la sua rabbia.

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