martedì 27 novembre 2007

L'enigma dei calzini

Settimanalmente, col rito del bucato se ripete un altro più faticoso : mettere in coppia calzini di colore uguale. Alla fine di questo noioso procedimento regolarmente rimango, se va bene con due calze diverse fra loro, se va male con una sola spaiata!
E' un mistero! Chi potrebbe svelarlo? Ci vorrebbe uno come Gion!
Un po’ come Newton, che in una mela che cadeva fu in grado di vedere l'interazione fra mela, terra e luna, Gion è uno che guarda oltre e vede ancora più in là.
Quando Gion andò a vivere da solo si ritrovò, come me, di fronte all'enigma dei calzini. La prima volta telefonò a sua madre. La trovò intenta a guardare uno di quei telefilm americani i cui personaggi amava da sempre (ma di cui, come s'intuisce, non era in grado di scrivere correttamente il nome!). Sua madre non capì di che stava parlando: lei i calzini li accoppiava senza problemi.
Allora Gion sedette, prese un foglio e cominciò a scrivere un complicata serie di equazioni che tenevano conto di ogni variabile possible: dalla velocità di rotazione del cestello, alla quantità di acqua, dal tipo di detersivo fino all'intensità della puzza dei calzini che metteva a lavare.
Alla fine Gion aveva elaborato una teoria completa, coerente e soprattutto stupefacente che dimostrava che, in determinate condizioni, la lavatrice riusciva a creare un tunnel spaziale il quale conduceva fino a qualche pianeta lontano. Evidentemente quel pianeta era abitato da creature che si nutrivano di calzini.
Gion cominciò a presentare la teoria a scienziati e riviste del settore: le reazioni andavano dalle risate sotto i baffi ("certo non nego che il suo sia una teoria 'pulita' ma ciò non toglie che non mi convince molto. Magari dovrebbe 'ammorbidirla' un pò") agli insulti diretti. Nessuno lo prese sul serio.
Ma Gion non è uno che demorde: lui cerca strade alternative!
Con un po’ di soldi messi da parte aprì una lavanderia a gettoni che offriva gratuitamente il servizio di accoppiamento in base al colore. "E se perdi una calza noi te ne regaliamo un paio nuove" recitavano i cartelloni pubblicitari che invasero le strade. Il successo fu enorme: i single facevano la fila per accedere alla lavanderia. L'idea era vincente...ma forse anche le ragazze seminude che riordinavano i calzini facevano la loro parte.
Presto la lavanderia divenne una catena, la catena una multinazionale e Gion ebbe finalmente a disposizione i soldi necessari al suo grande esperimento.
Mise al lavoro una equipe con i migliori scienziati, ingegneri e lavandai del mondo (esclusi quelli che lo avevano deriso ed insultato) e insieme costruirono una grande lavatrice in cui avrebbe riprodotto esattamente le condizioni di tunnel spaziale. Le dimensioni dell’oblò avrebbero permesso far arrivare una creatura dell’altro mondo in questo. Di mandare un umano nell’altro mondo senza sapere che tipo di creatura mostruosa avrebbero incontrato non se ne parlava neanche : tutta l’equipe era infatti d’accordo che un essere che si nutre di calzini, avrebbe potuto essere molto pericoloso per un esploratore…non fosse stato altro che per il suo alito terribile.
Il gran giorno arrivò: la sala piena di tavoli che emettevano luci colorate sembrava una via di mezzo fra la base spaziale di Houston ed un supermercato nel periodo di Natale.
Le telecamere di quarantacinque paesi erano lì per riprendere l’evento. Un intero esercito armato fino ai denti era pronto a narcotizzare o anche uccidere il terribile mostro che stava per irrompere nella stanza, qualora di fosse rivelato troppo pericoloso.
Gion dirigeva le operazioni e non vedeva l’ora di prendersi la rivincita su tutti quegli scienziati che lo avevano deriso e insultato. Guardò con soddisfazione il foglietto che teneva in tasca: su di esso erano scritti tutti gli insulti che avrebbe rivolto a loro nelle interviste che avrebbero seguito l’evento.
Diede il via all’esperimento: un enorme braccio robotico, il cui nome era Gianluigi, regolò la temperatura dell’acqua a 30 gradi inserì detersivo ed ammorbidente, riempì il cestello di calze e poi premette il pulsante di avvio.
Il processo di lavaggio cominciò e tutti rimasero a guardare a bocca aperta.
La madre di Gion che assisteva in diretta all’evento disse all’altra figlia : “secondo me ha sbagliato le dosi di detersivo, vero Gennifer?”
Il mondo attendeva a bocca aperta, il grande orologio scandiva il conto alla rovescia verso l’evento atteso: 10…9…8…tutto il globo si ritrovò a contare ad alta voce…7…6…5...3…2…1… Ed avvenne: una grande luce si propagò dall’oblò per un istante.
Gianluigi aprì all’improvviso il portello e tirò fuori tutte le calze. Il piano era semplice: esse avrebbero fatto da esca per la creatura calzo-foga dell’altro mondo.
Gion si accorse subito dell’errore nella procedura: uno dei calzini era caduto a pochi metri dall’ingresso della lavatrice. La creatura avrebbe potuto allungare semplicemente uno dei tentacoli ed afferrarlo. Non poteva permetterlo : sentiva il calore degli insulti nella sua tasca e non aveva intenzione di sprecarli.
Si buttò oltre la balaustra di sicurezza, i piedi immersi nell’acqua caduta all’apertura del portello, mentre la folla urlava “Gion, non farlo, Gion!”, afferrò il calzino verde e comincio a muoversi in direzione opposta.
Troppo tardi.
Lui era lì: stava attraversando l’oblò.
La sala si zittì, Gion si bloccò e si voltò ad osservarlo.
Un uomo di circa quarant’anni, completamente nudo gli andava incontro.
Non aveva nulla della creatura aliena che tutti si erano aspettati di trovarsi di fronte. La fronte stempiata, la pancetta, la muscolatura cadente erano esattamente identiche a quello di tutti gli uomini presenti in sala.
Il silenzio tutto attorno a lui era delusione mista al sospetto che fosse tutto una presa in giro.
Nel silenzio collettivo, l’ometto dell’altro mondo arrivò davanti a Gion, afferrò il calzino, disse educatamente “Grazie” e lo infilò al proprio piede.
Poi fece dietro front e riprese a camminare verso l’oblò iperspaziale.
Quando l’ometto stava per tornare di nuovo verso il proprio mondo, Gion riprese parzialmente il controllo della propria lingua.
“Tu” gli urlò e poi indicando il calzino al suo piede, “perché?”.
L’ometto lo guardò, disse “Questo?”, indicando anche lui il calzino, poi sorrise e rispose: “Le nostre donne ci trovano sexy quando li indossiamo!”
Un applauso fragoroso e urla assordanti esplosero nella sala e fra tutti i telespettatori : quell'essere veniva davvero da un mondo lontano!

Nessun commento: