Potrei scrivere un post in cui mi lamento di Trenitalia. Fin troppo facile dopo essere rimasto bloccato, per più di due ore, su un treno in mezzo alla campagna innevata, senza luce né riscaldamento.
Potrei ironizzare sull’imminente inaugurazione della linea ad alta velocità fra Milano e Bologna: venerdì ci abbiamo messo ben sei ore a coprire questa distanza con un Eurostar. Per fare meglio basterebbe viaggiare in sella a un mulo.
Ciò che invece è rimasto nella mia testa è una sequenza di quadri.
Milano sotto una nevicata fitta: l’opposto di ciò che sono. Un uomo di mare.
Un dirigente in divisa, completo grigio scuro e cravatta, che pranza sul treno con sushi, portato alla bocca con le bacchette e insaporito con le opportune salse. Fuori posto come un McDonald nel centro di Venezia (che pure ho visto).
La nostalgia della mia terra che mi abbraccia, mentre leggo l’ultimo romanzo di Carofiglio: le strade di Bari, dove ho studiato e vissuto per anni, quel cielo azzurro rimasto nel ricordo di chi la Puglia l’ha lasciata da tempo. E non è un azzurro reso più intenso dalla memoria, quel colore che mi accoglie ogni volta che scendo giù. E per ora il treno và.
Il mio sconosciuto compagno di viaggio che fotografa il panorama: “È bellissimo. Sembra di essere sulla transiberiana”. C’è ancora qualcuno capace di stupore.
Il treno fermo. L’attesa. La campagna bianca sovrastata da un cielo altrettanto bianco e il buio della carrozza. Il freddo, bianco come la neve, che mi assale ora che il riscaldamento è spento.
Uomini con tute gialle impermeabili, che camminano fuori dal treno alla ricerca del danno. Sembrano astronauti, che in una danza silenziosa ispezionino la nave spaziale per trovare il punto in cui il meteorite ha bloccato il motore. Torneremo interi sul nostro pianeta?
Poi, ore dopo, di nuovo in moto trainati da una locomotiva diesel: un moto lento e silenzioso. La carrozza è ancora buia e fredda. Dal finestrino scorrono immagini irreali: una coperta di neve ha nascosto il tempo attorno a noi. Il mondo scorre più lento.
Il mio sconosciuto compagno di viaggio mi annuncia: “Siamo già sul sito di Repubblica”. Lui, infatti, continua a lavorare, connesso ad Internet. La voce del mangiatore di Sushi, tramite il telefono, organizza riunioni, tesse affari e alimenta il flusso di denaro nelle casse della sua azienda. “La lentezza è nemica della nostra vita”, sembrano volermi dire, “non permettiamo che essa vinca”.
Lo sguardo di Caterina, che mi accoglie a casa e cancella i residui di freddo accumulati. Assaporo, lentamente, la gioia di lei.
3 commenti:
una sola parola: bellissimo!
Se mi concedi di dire più di una parola :), vorrei dirti che anche io ho letto l'ultimo di carofiglio e, per noi "baresi d'adozione", anche se non per sempre (nel tuo caso, nel mio chissà), quel libro ha un gusto diverso, quello dell'autenticità, della vita vissuta da un altro, come fosse la nostra.
Che bello vederti da queste parti!
Tutte le parole che vuoi :)
In ogni caso confermo le tue sensazioni di "autenticità" nella lettura di quel libro
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