venerdì 26 febbraio 2010

Quando lo scheletro esce dall’armadio

Quello che leggete nel titolo è il tema dell’ultima edizione di Minuti Contati (concorso di scrittura in tempo reale, con limite di tempo e limite di caratteri… è divertente: provateci!) finalmente tornata dopo due mesi di silenzio.

E qui sotto come al solito trovate il raccontino con cui partecipato.

Come vapore
“In fondo al vicolo c’è un portone ostruito da detriti. Scavalcali. Una volta nel chiostro interno urla il nome! Se vorrà verrà da te. Altrimenti va’ via. È meglio per te.” Giacomo era di fronte all'edificio. Era una follia essere in un paese fantasma per incontrare quell’uomo. Si guardò indietro. Il vicolo buio e imbottito di ragnatele somigliava al suo passato. Trasse un respiro profondo e scavalcò le macerie.
Il chiostro pareva in un altro universo. Pulito. Bianco. Vasi di piante ovunque. Ciascuna delle colonne che lo circondavano era decorata con motivi floreali. Giacomo vide un affresco sulla parete di fronte e percorse il perimetro del portico per osservarlo da vicino. Vi era raffigurato un uomo. Con la mano destra teneva una maschera sul volto. La sinistra scendeva lungo la gamba. Anche in essa vi era una maschera. Di fronte a lui un Cristo dallo sguardo severo gliene porgeva una terza. La firma sotto l’affresco diceva: Carbone. Per un attimo Giacomo pensò di correre via da lì, tornare dalla moglie e raccontare tutta la verità. Immaginò l’espressione di lei mentre l’amore che aveva provato evaporava in un istante. No. Non voleva esserci quando lei avrebbe saputo la verità. Con passo deciso, raggiunse il pozzo al centro del cortile e urlò quel nome. “CARBONE” Nulla accadde. Giacomo capì che lui non sarebbe arrivato. La voce dell’informatore gli risuonò nella testa: “Va’ via. È meglio per te.” Ormai aveva deciso. Non poteva tornare indietro. Cosa poteva accadergli? Carbone avrebbe potuto ucciderlo? Meglio che confessare tutto a Sara. Serrò i pugni per contrastare le lacrime. Poi urlò ancora più forte: “CARBONE. TI PREGO. SOLO TU PUOI AIUTARMI.” Ancora silenzio. Un silenzio di morte. Giacomo sentiva solo il battito del proprio cuore. Poi un rumore metallico alle sue spalle. Giacomo si voltò. E vide Carbone. Un gigante in abito francescano, con una catena al posto del cordone e due occhi così chiari che parevano aver visto il nulla, sotto una testa completamente rasata. Una profonda cicatrice gli incideva la guancia destra. L’uomo non parlò. Gli fece solo cenno con la testa. Poi si voltò e si diresse all’interno del convento.
Giacomo si era rilassato. Carbone lo aveva fatto sedere in una stanza piena di libri e gli aveva dato una tazza. “Erbe calmanti.” Aveva una voce profonda e quieta. Non vi era mobilio, tranne una panca di legno. I volumi formavano colonne ordinate alfabeticamente. “Tu sei un vero frate?” chiese Giacomo bevendo l’ultimo sorso di tisana. “No.” “Sembri una persona buona.” “L’apparenza inganna.” E mentre pronunciava queste parole a Giacomo parve che tutti i muscoli di Carbone si fossero contratti. Solo allora Giacomo prese coscienza della potenza fisica dell’uomo e pensò che Carbone avrebbe potuto frantumargli la testa come una noce, usando una sola mano. “Cosa cerchi da me?” Giacomo tornò cosciente del perché era lì e la disperazione lo afferrò alla gola: “Quello che cercano tutti. Evaporare.” “Sei sicuro di volerlo?” “Con la mia posizione, quando verrà fuori la storia...” “Non mi interessa lo scheletro nel tuo armadio. Solo: sai cosa significa evaporare? Vivrai lontano da tutti quelli a cui vuoi bene. Il tuo nome sparirà. La tua vita evaporerà. Non potrai avere rapporti veri con nessuno. Farai lavori che nessuno vuole. Abiterai in posti squallidi. Sarai come un fantasma in mezzo ai vivi. Lo vuoi?” “Sì. Ho qui per te un bel po’ di soldi…” “No. Voglio solo tutti i tuoi libri. Mi lascerai le chiavi di casa. Andrò a prenderli mentre non c’è nessuno. Non prenderò altro. Ora riposa.”
“Sei pronto?” Giacomo si svegliò sulla panca, faticando per un attimo a ricordare dove fosse. In silenzio seguì Carbone che, ora, indossava un jeans e un maglione. Al posto della cinta vi era sempre la catena. Mentre passava per il cortile, Giacomo alzò lo sguardo. Il sole del tramonto (o era l’alba?) illuminava le finestre del piano superiore. E vide decine di stanze stracolme di libri.

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