giovedì 11 marzo 2010

L'irrealtà dei reality

Sei seduto davanti alla tv. Per qualche motivo (follia momentanea? entrambe le braccia spezzate che ti impediscono di cambiare canale?) stai guardando un reality show.
Che fai lì? Non volevi finire quel romanzo in seconda persona, che ti è stato ispirato dalla lettura di “Se una notte d’inverno un viaggiatore”? Come dici? Le braccia spezzate sono un impedimento non da poco? Hai sempre la scusa pronta tu.
E così rimani lì, mentre la voce rauca di Maria ti graffia le orecchie o il vestito succinto di Alessia ti consola, mentre una concorrente piange e urla “ti amo” a un genitore spuntato fuori da un passato in cui l’aveva abbandonata o due abitanti della “casa” litigano furiosamente. Tu rimani lì. Il tuo pensiero no. Lui decide di andarsene a spasso e finisce per posarsi sui manuali di scrittura che gli hanno tenuto compagnia per ore.
E allora vedi la luce.
Perché ti accorgi che quei saggi ti hanno dato la chiave per capire tutti i trucchi dei reality.
Diciamo che il reality che stai guardando è “Amici”.
Alcune riprese dietro le quinte mostrano scene di vita quotidiana, interazioni fra i concorrenti e fra loro e gli insegnanti.
Poi il corpo di ballo si esibisce: un gruppo di ragazzi atletici e seminudi e una ragazza, la Prima Ballerina, si strofina a uno di loro, poi mima una lap dance con un altro. Infine, mentre il terzo si inarca, mani e piedi in terra. Lei si poggia su di lui, in uno sfregarsi reciproco delle zone genitali. In sottofondo la voce di una cantante che, fra una nota e l’altra, geme e sospira.
Ecco ora la concorrente: Elena. Lineamenti soavi e sguardo tenero. Le dedicheresti una poesia da Dolce Stil Novo. Elena guarda con decisione il coreografo. Lui, viso rozzo, bocca piegata in una smorfia, ricambia con uno sguardo infastidito.
Maria graffia: “ora vediamo un RVM.”
Sprazzi di balletti dalle puntate precedenti. Dietro le quinte Elena sbotta: quelle coreografie sono volgari e di cattivo gusto. Tensioni durante le prove. Poi volano parole grosse. Gli altri concorrenti intervengono in difesa di Elena. Fine del filmato.
Di nuovo in diretta, il coreografo sfida la concorrente: “Ora tocca a te. Ce la puoi fare per una volta a eseguire una mia coreografia?”
Elena scende in pista. Balla. Si muove leggera. Elegante. Gli occhi le sorridono. Non si struscia sul ballerino, ma dipinge con lui. La lap dance diventa un gioco fra due bambini innocenti. L’appoggio sui genitali è sostituito da un passaggio in alta quota.
L’esibizione si conclude.
Il coreografo è fuori di sé. Lei non lo rispetta mai. Non è professionale. L’alunna deve fare ciò che dice l’insegnante, anche quando non è di suo gusto. Elena si difende con candore ma a muso duro: non ha paura di fronte all’attacco dell’insegnante.
Che non si tratta di un varietà lo hai capito da tempo. Se lo fosse, il cantante o il ballerino si esibirebbe, poi tanti saluti e via con un altro. Allora è davvero la realtà che sbarca in tv!
Oppure no?
Qualcosa ti ha sempre infastidito di queste riprese di vite reali.
Quando andavi a scuola l’insegnante non la affrontavi insultandola. Chinavi la testa e la rispettavi. Se ti chiedeva di svolgere un tema dal titolo “Ridi, ridi che la mamma ha fatto gli gnocchi”, per quanto potesse sembrare assurdo, cercavi di svolgerlo, Poi te ne lamentavi in separata sede. Molti dei tuo compagni evitano il compito. Ma in modo “furbo”. E il tuo amico ribelle che, di tanto in tanto, non protestava rumorosamente, non aveva vita facile. Perché alla fine non c’era il televoto a decidere la sua promozione, ma il consiglio dei docenti.
Ecco cosa stride. Quella realtà non ti è mai sembrata reale. Le vite che ti mostrano non somigliano affatto alla tua. Né a quella delle persone di tua conoscenza.
E ora sai perché. Non è realtà, ma narrazione allo stato puro, che segue con precisione tutti i canoni insegnati nei corsi di scrittura creativa.
Prendiamo la situazione di poco fa: il regista ha messo in scena un conflitto, che, come hai letto in tutti manuali, è il centro di ogni narrazione. C’era una protagonista con cui lo spettatore doveva empatizzare. Un buon personaggio ha spesso una forte passione che lo muove e Elena è una ballerina che vuole emergere, ma allo stesso tempo non vuole rinnegare se stessa. Ecco anche un conflitto interno al personaggio. C’è un antagonista (il coreografo), che, affinché la narrazione sia avvincente deve avere una caratterizzazione altrettanto potente e delle ragioni plausibili, con cui il pubblico potrebbe anche identificarsi.
Certo il conflitto non può essere buttato lì. La tensione deve crescere perché, poi, lo scontro fra i due possa farsi interessante. Se avessimo due sconosciuti che litigano, in fondo, non ci interesserebbe. I due personaggi devono essere, per prima cosa, messi in scena. E infatti prima hanno cercato di definirli e caratterizzarli, dotarli di sentimenti e ambizioni, paure e difetti.
Ripercorriamo la sequenza degli eventi (mi verrebbe quasi da dire la trama) :
  • I personaggi vengono presentati (scene di vita quotidiana). I flashback.
  • Si mostra l’impresa che dovrà essere compiuta. La narrazione strizza l’occhio allo spettatore. Lui “sa” che esibizione contiene le radici del futuro scontro, perché ora conosce Elena e di certo simili mosse non le appartengono. Il conflitto è presentato. Cosa sceglierà l’eroina? Chinerà il capo di fronte a un nemico più potente ed eseguirà il balletto o sfiderà l’autorità?
  • Poi i due antagonisti sono posti uno di fronte all’altro.
  • Si prepara lo scontro. La tensione sale al massimo.
  • L’eroina inizia l’impresa. Non è una danza quella a cui assistiamo. Non ci interessa se lei ballerà bene, ma se accetterà, con coraggio la sfida del nemico, rifiutando di strofinarsi sul suo partner o cederà e si rivelerà non un eroina, ma una donna debole che cede le armi. Lei però non ci delude.
  • Ora i due avversari sono l’uno di fronte all’altro. Siamo allo scontro finale…
Cosa è rimasto di quello che potrebbe essere una bella esibizione di talento? E della vita reale della ballerina? Nulla.
È necessario tutto ciò, per realizzare un reality? Non si potrebbe riprendere per davvero la realtà?
Immagina che ci sia una telecamera che mi segue minuto per minuto. Suona la sveglia, mi alzo, mi preparo per uscire, salgo in autobus, intanto leggo un libro. Poi arrivo al lavoro, saluto i colleghi.... Tutto ciò va in onda in TV. Un vero reality.
Che dici? Hai già cambiato canale?
(*)L'immagine è tratta da 1984 (magari chi non sa perché il programma si chiama Grande Fratello farebbe bene a leggere il romanzo) ed è presa da qui

3 commenti:

Simone ha detto...

Io penso 2 cose:

- La realtà è noiosa.

- Sono comunque noiosi anche tanti reality, e pensa se non si inventassero le storie! ^^

- In fondo è tutto finto e architettato, ma in fondo qualcuno vince per davvero per cui un qualcosina di vero per forza rimane.

Ok, erano 3 cose ^^

Simone

Angelo Frascella ha detto...

Ciao Simone e grazie del commento.

Il senso del mio intervento non era tanto quello di "criticare" i reality (che comunque tendenzialmente mi annoiano) ma provare a sbirciare gli attrezzi degli "artigiani" (ovvero di chi scrive il programma).

Contecurte ha detto...

mi pare siano fondati
ed è uno studio molto interessante
su un manuale di marketing e pricografia di non mi ricordo chi,
che vede delle figure standard e la loro interazione guidata

la cosa curiosa invece
è come alcune figure si siano andate modificando e altre siano scomparse negli anni per far posto ad alcune nuove.
Non lo so
io non seguo
per le prime edizioni mi interessavano molto per questi motivi
per dire
la figura del "ciccione-simpatico-volgare", ricordo che si susseguirono mi pare per le prime tre edizioni (non mi chiedere i nomi, ricordo Fedro, ma non gli altri) è scomparsa del tutto (era considerata tra l'altro "figura non vincente, ma di impatto per confronto" o qualcosa di simile)
Così come il palestrato-coatto-stupido, ecc ecc

Sarebbe interessante sapere i disegni che gli autori svolgono per le interazioni delle varie maschere psicologiche.

La noia a cui sono arrivati, credo sia dovuta soprattutto a un eccesso di figure borderline, non più normali. maschere psicografiche in cui si guarda da fuori, invece di essere dentro, e questo credo che segnerà la fine.

Comunque è un ambito interessante di studio e quella che hai fatto era una interessante considerazione.

ah, sono gelo.
Ciao!