In un bel post intitolato “Il senso della vita dei fumettisti”, Giuseppe Di Bernardo cita la storia di un ragazzo che voleva vivere di fumetto, fu portato lontano da questa via dalle vicende della vita, si è ritrovato a lavorare in fabbrica con un stipendio fisso e una ragazza che non voleva vedere i suoi disegni in giro per casa e poi dopo quasi 15 anni ha lasciato tutto ed è ritornato a provarci sul serio.
Simone, ex-scrittore emergente, con una laurea in ingegneria in tasca e un lavoro da ingegnere, ha deciso di rimettersi in gioco e iscriversi a medicina. Nel raccontare questa esperienza nel nuovo blog ha iniziato a raccogliere testimonianze di persone che non ce la fanno più e vogliono cambiare vita oppure hanno già fatto il grande salto.
La mia amica Wandelust invece, presa dallo sconforto perché si era ritrovata a fare la ricercatrice senza stipendio all’università si è voltata indietro ed è andata a fare la consulente. Scrive “il mio nuovo lavoro mi sembra un po’ più noioso e ripetitivo di quello all’università, e mi sembra anche un po’ finto”e poi “non so quanto tempo potrò resistere, ho davvero l’impressione che “questo mondo” non sia per me” e poi “non vog
lio rassegnarmi a vivere di weekend o di vacanze.”
Pensiamoci bene: viviamo la maggior parte della vita al lavoro e non con le persone a cui vogliamo bene. Se il lavoro ci sta stretti è come un nodo alla gola che stringe e ci toglie il fiato.
L’alienazione abita a pieno titolo nel nostro mondo già dal secolo scorso. Ce la raccontano gli scrittori, in vario modo (Kafka, Joyce a Pirandello, Dick …) e molti la vivono sulla loro pelle.
In un mondo perfetto la tecnologia avrebbe dovuto liberare l’uomo mettendolo in grado di “cercare se stesso”. Una sorta di Polis (nella figura il bel quadro di Raffaello sulla “Scuola di Atene") in cui, a differenza che in quell'epoca antica, non dovrebbe più essere la necessità che una gran parte dei cittadini viva come schiavo o soldato, per permettere a pochi di fare i filosofi. Nel mondo reale la tecnologia ha creato nuove forme di schiavitù e richiede un enorme sacrificio in termini di guerre e vite umane.
In un mondo perfetto la tecnologia avrebbe dovuto liberare l’uomo mettendolo in grado di “cercare se stesso”. Una sorta di Polis (nella figura il bel quadro di Raffaello sulla “Scuola di Atene") in cui, a differenza che in quell'epoca antica, non dovrebbe più essere la necessità che una gran parte dei cittadini viva come schiavo o soldato, per permettere a pochi di fare i filosofi. Nel mondo reale la tecnologia ha creato nuove forme di schiavitù e richiede un enorme sacrificio in termini di guerre e vite umane.
Eppure a me sembra che siano tante le persone che, come Simone e il fumettista, provano a reagire non con la disperazione e il vuoto, ma correndo il rischio di diventare se stessi.
Se non ci credete, andate a farvi un giro nella facoltà di Scienze della Formazione Primaria, quella in cui oggi si studia per diventare insegnanti alle elementari e alla materna. Scoprirete che più della metà degli iscritti sono già laureati che scappano da un lavoro, che li stava soffocando, il cui unico scopo era far arricchire una banca o un’azienda per cercarne uno che abbia un senso.
E se state pensando che lo fanno perché vogliono un posto sicuro da “maestre”, pensate alla riforma Gelmini e alla scuola sempre più tagliata e vedrete che vi sbagliate.
La verità è che dedicare la propria vita ai bambini è molto più appagante che dedicarlo a una banca.
Se non ci credete, andate a farvi un giro nella facoltà di Scienze della Formazione Primaria, quella in cui oggi si studia per diventare insegnanti alle elementari e alla materna. Scoprirete che più della metà degli iscritti sono già laureati che scappano da un lavoro, che li stava soffocando, il cui unico scopo era far arricchire una banca o un’azienda per cercarne uno che abbia un senso.
E se state pensando che lo fanno perché vogliono un posto sicuro da “maestre”, pensate alla riforma Gelmini e alla scuola sempre più tagliata e vedrete che vi sbagliate.
La verità è che dedicare la propria vita ai bambini è molto più appagante che dedicarlo a una banca.
E la politica si è accorta secondo voi di questo? Secondo me no. Non vedo nessuno preoccuparsi di altro che del PIL. Forse, se le forze politiche di tutto il mondo iniziassero a parlare di livello di felicità della popolazione (scusate ma la locuzione “qualità della vita” mi piace poco quasi quanto quella “risorse umane) e se spiegassero cosa intendono con la parola felicità (per esempio il diritto a un lavoro che abbia un senso e non il diritto all’iPod) si potrebbe cominciare a lavorarci sopra.
6 commenti:
"Quando ho cominciato a scrivere Il visconte dimezzato, volevo soprattutto scrivere una storia divertente per divertire me stesso e possibilmente anche gli altri; avevo questa immagine di un uomo tagliato in due ed ho pensato che questo tema dell'uomo tagliato in due, dell'uomo dimezzato fosse un tema significativo, avesse un significato contemporaneo: tutti ci sentiamo in qualche modo incompleti, tutti realizziamo una parte di noi stessi e non l'altra."
(Italo Calvino)
Un post davvero interessante.
Un saluto,
Cristina
Grazie Cristina.
Bella la citazione che hai scelto.
Tra l'altro Calvino mi piace un sacco.
Un saluto
Angelo
Post perfetto per questo disastroso momento in cui pur mancandoci tutto ciò che di fondamentale esiste per la dignità della persona, abbiamo tutto ciò che di materiale riusciamo ad acquistare anche in 199 comode rate da un euro. E il sorriso da ebeti squarcia il nostro viso usciti dal negozio di turno. Poco importano libertà interiore, sogni, voglie e quell'impulso che ci spinge sempre e comunque a "fare". La politica, poi, ha ottenuto ciò chevoleva: un popolino dopato da media che urlano quanto stiamo bene!
Belissimo post.
Sopratutto perchè dwescrive moltobene una sensazione provata da molti (e dal sottoscritto purtroppo...). io penso che ognuno di noi dovrebbe essere padrone della propria esistenza e poter realizzare i propri desideri sopratutto per quanto concerne le proprie aspirazioni. Ci sono però troppe variabili al di fuori del nostro controllo per poter ottenere ciò. In primis la necessità di sopravvivere. Un lavoro che non piace è spesso un male necessario per poter tirare avanti e non un mero strumento per ottenere beni consumistici. Comunque ammiro molto coloro i quali riescono a realizzare compiutamente i propri desideri e riescono veramente a fare della propria esistenza quello che hanno sempre agognato.
Grazie a rosario e filippuz per i commenti.
Se è vero che, come dice Rosario, il consumismo ci induce molti bisogni solo per convincerci a comprare, è vero anche quello che dice Filuppuz, che molte volte devi fare un lavoro che non ti piace, perché non hai alcun tipo di "paracadute" che ti permetta di lasciarlo (e magari anche una famiglia a cui pensare).
Un esempio stupido di quanto sia vero quello che dice Filuppuz. Di recente, causa mal di denti, sono dovuto andare dal dentista: 450 euro di spesa non prevista.
E' vero esiste l'assistenza sanitaria, ma non sempre funziona e non sempre è gratuita (le ultime analisi del sangue che ho fatte le ho pagate, se ricordo bene sui 25 euro e parliamo di analisi standard)... E comunque voi vi fidereste di andare dal dentista della mutua?
bel post!
e poi pieno di link interessanti...grazie!
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