Mi è capitato, di recente, di dover fare un lungo viaggio in
treno.
Poco male. Tutto sommato il treno non mi dispiace. Mi
stressa troppo lottare col traffico e con il modo personale di intendere il
codice della strada di quelli che ti sorpassano da destra, ti si appiccicano da
dietro a 130 all’ora pronti a superarti alla prima occasione, ti tagliano la
strada. All’aereo non riuscirò mai ad abituarmi. In treno, invece, ho tempo per
leggere e ascoltare musica. Insomma è il male minore.
Così ho preso con me la raccolta dei migliori racconti di
Matheson, ancora calda di libreria e sono partito.
Solo che l’uomo seduto di fronte a me pareva deciso a
sfruttare in modo diverso quel tempo: raccontando qualunque dettaglio della sua
vita gli venisse in mente.
Ha iniziato indicandomi dei fulmini, in un temporale che si
stava scatenando qualche chilometro più in là. Da buon logorroico aveva tutta
una collezione di episodi di cattivo tempo in cui si era ritrovato, con tanto di
foto sul telefonino.
Per fortuna, dopo un po’, si è addormentato e mi sono
goduto il momento leggendo il secondo racconto del libro (Duel). E intanto
pensavo: quando si sveglierà, se me ne
starò con gli occhi bassi sul libro, non avrò modo di tornare alla carica.
La vittoria era solo momentanea. Eccolo alla prima
occasione, un messaggio sul cellulare, lamentarsi del lavoro che non gli dà
tregua, quasi fosse un medico. “Ma no, non faccio il medico”.
E, dopo una pausa significativa in cui lui si aspetta la
fatidica domanda: “E cosa fa?” e io mi ostinavo a stare zitto, decide, con un
altro colpo da maestro, di soddisfare comunque la mia curiosità.
Il fiume di parole è continuato con le sua avventure al militare, i
suoi viaggi, i suoi genitori. Ma il bello era che, per ogni cosa, aveva elenchi
infiniti da snocciolare.
L’elenco dei libri che i suoi commilitoni avevano lasciato
in caserma.
L’elenco delle fermate che aveva fatto un treno che
aveva preso qualche giorno prima.
L’elenco delle stazioni in cui il suo amico capostazione aveva
lavorato.
Così, finalmente, ho colto appieno il significato dell’affermazione
che, nel Signore degli Anelli, Barbalbero, (*) fa a proposito del modo di
discutere degli Ent: “Ma tu devi capire, giovane Hobbit, che ci
vuole molto tempo per dire qualcosa in vecchio entese, e noi non diciamo
mai niente se non vale la pena di prendere molto tempo per dirla.”
(*)Balbalbero e gli altri Ent sonocreature a metà strada tra
alberi e uomini, con una natura vegetale ma in grado di pensare, muoversi e parlare.
NB. L'immagine è presa da -questo sito
NB. L'immagine è presa da -questo sito
2 commenti:
Adorabile Barbalbero!
Barbalbero parlava così perché non gli è mai capitato d'andare in treno, altrimenti già me lo vedo a imprecare mentre va a comprarsi un iPod :)
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