"Quelle due parole" era il tema di febbraio di Minuti Contati, concorso sul Web di scrittura fra i più divertenti (da cui, ricordo, è nato anche un libro) e a cui non partecipavo da tanto, con mio sommo dispiacere.
Questo mese ce l'ho fatta ed ecco il mio racconto (ricordo, scritto in pochi minuti...):
La selezione
Io sapevo di potercela fare. E la giungla è il mio habitat.
Mi presentai alla ragazza in portineria. Mi fece accomodare in una saletta e subito arrivò l’esaminatore.
“Ha un Curriculum davvero notevole.”
“Grazie.”
“Posso offrile da bere?”
Senza aspettare, prese una bottiglia da un frigobar, ne versò un po’ in un bicchiere. “La prego, lo assaggi. È unico.”
Presi un sorso e posai il bicchiere.
“Iniziamo. Ha scrupoli nel lavoro?”
“L’unico è non agire contro gli interessi della mia azienda.”
“Quali sono le due parole che non vorrebbe dire durante questo colloquio?”
Ci pensai, forse troppo. Mi salvò il suono di un cellulare.
Rispose: “Arrivo.” Poi a me: “Torno subito.”
Passò un’ora. Certo, il mio tempo è prezioso, ma la cosa grave era la sensazione prepotente nella vescica. Due parole mi risuonarono in testa, con la voce di un bimbo. Mi scappa.
Andai in portineria: “ Dov'è la toelette?”
“In fondo a destra.”
Mi precipitai. Un cartello sulla porta diceva: GUASTO.
La voce da bimbo ripeté: mi scappa!
Salii al primo piano, trovai il bagno, bussai a una delle due porte. Era occupato. Da due che scopavano. Avrei riso, se non fossi stato sul punto di farmela sotto. Aprii l’altra porta.
Il cesso era intasato e pieno fino all'orlo.
Tornai fuori. Dovevo farla nel lavandino. Mi vergognavo, ma una sequenza multipla di “Dai, così, ancora, ancora” m’incoraggiò.
La porta d’ingresso si spalancò. Un matto furioso urlò alla porta degli amanti. “Carla! Aprimi, zoccola.”
Trovai il bagno delle donne. Spalancai e una ragazza mi lanciò contro una scarpa: “Screanzato”.
Dovevo tornare, sperando che l’esaminatore non fosse tornato.
Ancora la voce nella testa. MI SCAPPA.
La sala era vuota. Mi guardai attorno. Nessun recipiente.
Cercai nel frigobar. Eccola: una bottiglia quasi vuota.
V’infilai, con attenzione, la punta del mio arnese, mi liberai e la rimisi a posto.
Appena in tempo.
“Eccomi. Per scusarmi, voglio farle assaggiare un’altra cosa.”
Sbiancai. Aveva tirato fuori la bottiglia in cui avevo pisciato.
Versò e mi porse il bicchiere.
Capii: sapeva. Nella bottiglia di prima, c’era un diuretico. Voleva vedere come me la sarei cavata.
Qual era la cosa giusta da fare? Dovevo bere. Dovevo dimostrarmi capace di affrontare le conseguenze dei miei errori.
Avvicinai la bevanda alle labbra. Il puzzo di piscio m’invase le narici.
Respinsi il bicchiere e, con voce piagnucolosa, dissi le due parole che non avrei mai voluto pronunciare.
“Mi scappava.”
1 commento:
strano e particolare...ma bello!!! mi è venuta da fare la pipì :-)
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