Scrivere è
facile: basta avere una penna e un foglio o un computer con word. Scrivere
sembra alla portata di tutti: ce l’hanno insegnato a scuola, con centinaia di
pensierini e temi.
Scrivere bene,
invece, è difficile e non ce l'ha insegnato nessuno. E anche leggere bene è un
arte che gli insegnanti si scordano di passare agli alunni. Ci hanno inculcato
bene, invece, il mito dello scrittore romantico, il gran talentuoso che soffre
e poi, poggiando la penna sul foglio tramuta i propri sentimenti in arte pura e
distillata.
Così, il 90% di
noi ha preso in mano una penna, da adolescente, e ha buttato giù versi
sgraziati, magari con rima baciata, convincendosi di essere un gran poeta.
Quando, poi,
crescono, questi poeti scrivono il primo romanzo e pretendono di vederlo sui
banchi della Feltrinelli. Non ritengono di aver nulla da imparare, di dover
fare gavetta, a volte nemmeno di dover rileggere e correggere ciò che hanno
scritto (“l’ho scritto di getto, è la voce del mio cuore”).
Basterebbe
guardarsi un po’ intorno in rete e scoprire che ci sono un sacco di posti dove
farsi leggere e correggere (basta essere disposti, in cambio, a dare un po’ di
tempo per gli scritti altrui). Solo chi mette un po’ da parte l’ego ed è
disposto ad ascoltare le critiche sensate degli altri, può migliorare e
arrivare davvero a una pubblicazione (sempre guardandosi attorno nel Web le
occasioni sono tante).
Io, per esempio, ho pubblicato, come tanti altri, racconti in
diverse raccolte (certo, non è come pubblicare un romanzo, ma ripeto bisogna
arrivarci per passi). Ovviamente non ci guadagno niente (se va bene un paio di
libri omaggio) ma nemmeno sono costretto a spendere soldi per centinaia di
volumi a pagamento che non riuscirei mai a rivendere.
Un’altra scoperta
interessante è che, sebbene la soddisfazione di mettere in libreria i miei
racconti, questi volumi vendono poco (tranne alcuni casi in cui, però, il tuo
nome è immerso in mezzo ad altri 364…). E, a questo punto, si capisce che è
ovvio che un editore ci pensi un bel po’ prima di mettere sul mercato il libro
di un signor sconosciuto che, come tanti altri signori sconosciuti vogliono
scrivere e pubblicare.
Questo, però, non
significa che bisogna cedere alla tentazione della pubblicazione a pagamento,
ma che bisogna lavorare con calma, migliorarsi, crearsi un pubblico e non
pretendere di essere un genio incompreso che la cattiveria delle case editrici
ha ostracizzato dal paradiso degli scrittori.
2 commenti:
Ciao!
E' un discorso complicato. Secondo me è vero che bisogna avere pazienza e adattarsi molto. Ma è anche vero che dall'altro lato le case editrici guardano poco a chi hanno di fronte e si interessano più (giustamente) di portare avanti le loro idee e i proprio progetti editoriali.
Che un artista debba essere umile è una cosa poi che sento dire spesso... ma è così? Bukowsky, Hemingway e tanti altri, così come musicisti o attori erano tutti umili? Io penso di no e anzi ho spesso associato al grande artista un'immagine di persona in forte contrasto col mondo e raramente, davvero raramente pacata e umile nei propri atteggiamenti.
Ciao! :)
Simone
Ciao Simone.
Grazie per la risposta.
Mettiamola così: magari un'artista può permettersi di non essere umile, ma il fatto è che in giro vedo fin troppe persone che si auto-definiscono "artisti". Quando poi vai a leggere le loro opere ti cascano le braccia.
Di solito, si tratta delle stesse persone che, se subisono una critica motivata, non provano nè ad ascoltarla nè, magari a ribattere spiegando i motivi delle loro "scelte", ma iniziano ad arrabbiarsi e a insultare.
Credo che siamo tutti un po' troppo imbevuti di quella cinematografia americana che mostra la persona qualunque mettersi a fare una cosa difficilissima (magari il presidente degli Stati Uniti) e riuscirsi senza alcuno sforzo e abbiamo perso il valore dell'apprendimento, dello studio e della preparazione (senza i quali persino una persona realmente dotata di talento va da nessuna parte)
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