giovedì 14 aprile 2016

Si può salvare il nostro pianeta?

Siamo nel bel mezzo di un’emergenza ecologica che minaccia di cambiare, in pochi anni, il nostro mondo. Non se ne parla molto. Anzi, ho la sensazione che se ne parlasse molto di più quand’ero piccolo. All'epoca ero sensibile ed estremista, come tutti i bambini e litigavo con mia madre perché aveva una pelliccia, dicevo che appena grande mi sarei iscritto al WWF ed ero convinto che, da grande, avrei votato i Verdi.
Poi sono cresciuto e ho capito che il mondo è molto più complesso degli slogan di cui riempiamo la testa dei bambini. Non che la mia “sensibilità ecologica” sia svanita del tutto, ma ho capito che non basta pronunciare uno slogan, né dire che qualcosa non va bene senza proporre un’alternativa applicabile, e che non si può credere alle favole (la fonte magica di energia pulita di alcuni film o dei complottisti) perché vale sempre il secondo principio della termodinamica.
Sta di fatto che l’emergenza ecologica esisteva quand’ero piccolo, esiste ancora e, all’orizzonte, non sembrano esserci segni di miglioramento.
Quali sono le alternative?
Qualcuno parla di “sostenibilità”. L’Europa sembra pure crederci. Che significa sostenibilità? Significa ammorbidire l’economia perché la “crescita” e il consumo non siano superiori a quello che la Terra potrebbe sopportare e fare della protezione dell’ambiente un "valore economico": riciclare e riutilizzare, far pagare chi inquina in modo che gli convenga non farlo, produrre da fonti rinnovabili, ecc. Funziona? Sembrerebbe di no: siamo in troppi sulla Terra e, come amano dire gli americani, non esistono pasti gratis. Produrre carburante e plastica dai cereali (carburante rinnovabile, è vero, ma bruciarlo non è così pulito) significa togliere cibo. Riciclare plastica e carta implica comunque un processo produttivo industriale, in ogni caso inquinante. Le industrie, costrette a spendere soldi per essere sostenibili, chiudono gli impianti e se ne vanno in zone più povere che non hanno tempo di imporre vincoli ambientali. Potrei continuare a lungo, ma volevo solo dare l''idea.
Altri parlano di decrescita felice cioè di cambiare completamente stile di vita: autoprodurre cibo, vestiti e tutto ciò che ci serve, lavorare meno perché si ha bisogno di meno soldi, rinunciare a tanti supporti tecnologici, e così via. In pratica, significherebbe tornare indietro. Funziona? Forse potrebbe, ma non vedo come si possano convincere milioni di persone a farlo.
La verità è che bisognerebbe almeno provare ad agire per davvero, in un nodo o nell'altro, e farlo in prima persona: non basta (o non serve) votare SI a un referendum poco chiaro e poi mettersi in macchina e bruciare carburante per andare, con la coscienza pulita, a fare una gita  “fuori porta”.

Dovremmo impegnarci, giorno per giorno, a essere un po’ più che sostenibili e un po’ meno che “decrescisti” e farlo tutti insieme. Ricordo un episodio di “Ai confini della realtà” (L’Ambasciatore) in cui un alieno si presentava alle Nazioni Unite annunciando di voler distruggere la Terra perché la nostra specie non si era dimostrata degna di esistere. Di fronte a questa minaccia le nazioni del pianeta riuscivano a stipulare una pace globale… Sarebbe il momento di unirci davvero tutti di fronte alla minaccia della distruzione del nostro pianeta. Ammesso che la nostra specie ne sia capace.

PS La vignetta l'ho presa qui

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